Giro delle Marmarole

Marmarole, Dolomiti che splendono

Nel primo pomeriggio partiamo dalla valle d’Oten, fa caldo e lo zaino pesa, ma per fortuna in poco tempo raggiungiamo la nostra prima tappa.

Il rifugio è accogliente e la cucina ottima, ci corichiamo abbastanza presto, per affrontare riposati il giorno seguente il giro ad anello attorno alle Marmarole.

Dopo un’abbondante colazione ci avviamo verso la forcella Jau del la Tana. Le roccette si alternano a tratti attrezzati, non si intravedono tracce della grande guerra che spesso ci ha accompagnato sulle Dolomiti. I prati fioriti esposti a sud, lasciano spazio nel tratto esposto a nord ad infinite ed aride pietraie. La vista sulle Tre Cime di Lavaredo è stupenda, dopo alcune ore ci fermiamo al primo bivacco.

Non c’è traccia di una sorgente d’acqua, si risale un’altra forcella e poco dopo si scende al bivacco Musatti. Anche qui non c’e traccia di acqua, non ci resta che scendere per un’altra buona mezz’ora per ricaricare le nostre borracce.

Mio figlio undicenne ha portato con sé il fornellino e mette in pentola una gulaschsuppe liofilizzata. Se la gusta di tutto piacere, ma per fare economia dell’acqua ed evitare una seconda discesa alla fonte, pulisce il pentolino con della sabbia. Quelle bottiglie piene d’acqua devono bastare per il giorno successivo, l’acqua diventa un bene indispensabile, il più prezioso, gli sprechi vanno evitati.

Gli unici escursionisti che seguono lo stesso tracciato si sistemano nella loro tenda e ci lasciano il bivacco libero. Prima di coricarci scambiamo le nostre grappe con quelle sarde, sono buone entrambe. Di notte dormiamo discretamente, non è la regina Tanna che ci tiene svegli, ma un nostro compagno che russa ininterrottamente.

Al risveglio la valle è vestita di una coltre di nebbia che si dissolve man mano. Con parte dell’acqua scaldiamo del tè che accompagniamo con dei biscotti. Ora ci attende la tappa più lunga fino al rifugio San Marco.
E’ tutto un saliscendi tra pareti scoscese e tratti attrezzati che si alternano ad infiniti ghiaioni. E’ il tratto forse più bello e difficile e dopo molte ore giungendo alla valle di San Vito dove troviamo nuovamente dell’acqua e sentiamo in lontananza i primi rumori della civiltà, è un ronzio di una motocicletta.
A questo primo rumore si alternano i fischi di alcune marmotte o di due camosci, stiamo abbandonando il silenzio assoluto del regno dei Croderes.

Di sera al rifugio l’atmosfera è magica, si canta in sardo e tedesco, un ospite prende la chitarra ed intona molte canzoni conosciute che cantiamo tutti insieme.

Il rientro verso Calalzo lungo la forcella piccola e la valle d’Oten dopo la cascata delle Pile è meno spettacolare, la strada forestale ci sembra infinitamente lunga, è la stanchezza ed il peso dello zaino che ci sfianca.

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